Thursday 19 November 2015

GENITORI PER UN MONDO MIGLIORE


Voi siete l'arco dal quale, come frecce vive, i vostri figli sono lanciati in avanti. (Khalil Gibran)


Fonte: Le Petit Journal

Sei giorni fa l'Europa ha conosciuto uno degli attentati più sanguinosi e drammatici dalla fine della Seconda Guerra Mondiale. Ormai non ci sono più dubbi: i tempi in cui potevamo essere fieri della nostra bella Europa, patria di pace e prosperità, sono finiti. Che siano stati giustificati o meno.

Ora sappiamo che non siamo al sicuro. Sono stati fatti molti errori. Grossi errori, che vanno riparati. È ora che le strategie cambino.




L'Europa dei nostri figli. (Google Image)

Ci stanno lavorando dottori, politici, giornalisti e persino hackers. Speriamo che i risultati siano migliori di quelli ottenuti finora. Ma questa è un'altra storia.
Qui parliamo di una categoria di persone che lavora (o dovrebbe lavorare) nell'ombra. Nell'intimità delle case europee, i genitori si trovano di fronte a sfide fino a poco fa inimmaginabili.

Oggi sono i genitori ad avere il lavoro più arduo. Ma sono anche loro ad avere le più grandi probabilità di successo nel trasformare un mondo che non riconosciamo piú. Antoine Leiris con il suo eroico messaggio agli assassini di sua moglie ci ha regalato la possibilità di intravedere un mondo migliore, nel quale poco a poco si annienta l'odio con l'amore.

Allora prendiamo coscienza della missione di cui siamo investiti a partire dal giorno delle due lineette rosa. Noi mamme e papà abbiamo la chance di far crescere una generazione di persone realizzate e ragionevolmente felici. Possiamo far sì che i nostri figli arrivino tanto più lontano di dove siamo arrivati noi. Partendo da dove ci hanno permesso di arrivare i nostri genitori (che già non era male!), possiamo far fare ai nostri figli ancora un lungo passo avanti.

I nostri figli hanno il potenziale di essere un sacco di cose meravigliose.

Possono essere abbastanza sicuri da non dover combattere o scappare appena si sentano a disagio.

Possono essere abbastanza consapevoli da riconoscere e gestire emozioni e sentimenti.

Possono essere abbastanza eloquenti da esprimere queste emozioni e questi sentimenti.

Possono essere abbastanza coraggiosi da provare a comunicare anche con chi non li vuole ascoltare.

Possono essere abbastanza tenaci da superare le sconfitte.

Possono essere abbastanza intelligenti da trovare soluzioni a problemi per noi troppo difficili.

Per poter essere tutte queste cose meravigliose, i bambini non hanno bisogno che di avere dei buoni genitori (dei genitori "abbastanza buoni", in senso Winnicottiano). 

Ma che cosa significa essere dei buoni genitori oggi? Non significa comprare loro i completini di tessuto più morbido e naturale o i giochi di legno costosi, né fare in modo che siano sempre puliti e in ordine. Non significa nutrirli con cibo biologico Km 0 né iscriverli alla scuola migliore della città.

Ogni singolo bambino, ricco o povero, religioso (di qualsiasi religione!) o ateo, educato o ignorante, può avere dei buoni genitori. In fin dei conti, un bambino non ha bisogno di molto.

Un bambino ha bisogno di essre osservato, percepito e trattato come una persona fin dalla nascita.

Un bambino ha bisogno di essere ascoltato e di ricevere risposte. Complete. Sincere.

Un bambino ha bisogno di essere preso sul serio.

Un bambino ha bisogno di fare conoscenza con le sue emozioni e i suoi sentimenti.

Un bambino ha bisogno di essere esposto a modelli efficaci di risoluzione dei conflitti.

Un bambino ha bisogno di poter fallire. E di riprovare.

Un bambino ha bisogno di scoprire che cosa ama, e di metterlo al servizio della sua comunità.

Quindi se sei un dottore, oltre a salvare vite, ricordati di essere un buon genitore.

Se sei un politico, oltre a lottare per la tua causa, ricordati di essere un buon genitore.

Se sei un giornalista, oltre a riportare fedelmente i fatti verificando le fonti, ricordati di essere un buon genitore.

Se sei un hacker, oltre a mettere le tue capacità al servizio delle persone giuste, ricordati di essere un buon genitore.

Se sei un autista, uno psicologo, una commessa, un assistente sociale, un panettiere, un filosofo, un maestro, un infermiere, un calciatore… se sei disoccupato e se sei un milionario, ricordati di essere un buon genitore.

Perché è l'unico modo per far sì che un giorno i nostri figli possano risolvere i problemi troppo difficili per noi.

Essere Padre. Parigi 2015. (Google Image)

Friday 6 November 2015

Allenamento mentale per un parto dolce: un decalogo


© Headspace

1 Resta tu alla guida
Che sembra una banalità. Eppure è il primo errore che facciamo tutte: "Sono incinta! Qualcuno faccia qualcosa!".
Come se la gravidanza fosse qualcosa da cui lasciarci passivamente investire. E invece no: quel bambino lo stiamo facendo noi, attivamente. Lo nutriamo col cibo che ingeriamo e la biochimica delle nostre emozioni. Guidiamo noi.
E mettiamoci in testa da subito di continuare a guidare anche al parto.

2 Prendi una decisione solo dopo aver raccolto TUTTE le informazioni
Corollario del punto 1 è il punto 2: ogni decisione è una scelta. Che va compiuta liberamente, come è nostro diritto. E va compiuta in modo informato: come è nostro dovere.
Le procedure dell'ospedale vanno conosciute, analizzate e scelte, se del caso anche messe in discussione (soprattutto quando in palese disaccordo con le linee guida dell'OMS). Necessitano il nostro consenso informato.
Solo conoscendo veramente tutte le opzioni e implicazioni possiamo dire di aver scelto davvero. E allora prepariamoci a distinguere i pezzetti di folklore sociale e medicina difensiva rimasti impigliati nel sistema dagli inestimabili strumenti che professionisti aggiornati e competenti sanno offrirci.

Thursday 22 October 2015

La data presunta del parto è appunto PRESUNTA

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Lo avevamo già suggerito qui, tra le 3 cose che bisogna subito smettere di fare, che guardare il calendario non è cosa molto utile, ma quello del "termine" della gravidanza è un tema che si merita un post tutto per sé. Perché quella che a noi sembra una data tanto rassicurante non solo non ha alcuna aderenza col reale (solo il 4% dei bambini nasce in quella data) ma è anche, potenzialmente, alquanto subdola.

Ce la piantano in testa al primo appuntamento col medico, quella data: un giorno preciso e determinato. Come se veramente qualcuno potesse sapere quando un bambino verrà al mondo, considerato che la gravidanza umana è perfettamente fisiologica tra 37 e 42 settimane.
Se solo il 4% dei bambini nasce alla data PRESUNTA del parto, in effetti, è proprio perché quella data è PRESUNTA. Una convenzione. Un piccolo delirio di onnipotenza, anche, diciamolo.
E un comprensibilissimo desiderio di sapere, controllare, prevedere da parte di noi mamme. Che ci caschiamo sempre con tutte le scarpe nel tranello del "termine": piccola illusione di certezza in quella zona così sfumata e travolgente che è la nostra pancia dentro cui cresce un bambino. Lo abbiamo già detto qui: siamo soglie metafisiche senza neanche sapere cosa sia la metafisica, il minimo che possiamo fare è mettere una croce sul calendario. Ad ancorarci a un qui e ora che renda il tutto meno sfuggente.
E, abituate a una vita dove avere date e orari ha senso e utilità, applichiamo, o lasciamo che altri applichino, più o meno inconsapevolmente- la stessa mentalità logistico organizzativa alla nostra gravidanza.
Il problema non è tanto che la data non ha senso vero, perché appunto è convenzionale e tiene conto di una durata del ciclo mestruale media di 28 giorni, che è una media.
Il problema è che a quella data restano incollati come alghe viscide una serie di pensieri -prima- e di scelte -poi- che non sono affatto neutri.

Tuesday 29 September 2015

MAMME AL TIMONE



Come sapere se stai facendo la cosa giusta.


La Nike non chiede permesso a nessuno.


Chissà chi chissà quando si è inventato l'idea che ci sia una cosa giusta da fare quando si è genitori.
Tutto comincia quando sei incinta.
Test positivo? Ecco la lista delle cose giuste

1. Lava tutto con l'Amuchina e non mangiare insalata al ristorante.
2. Vai dal dottore.
3. Tieni il segreto fino al terzo mese. 
4. Non portare pesi.
5. Non fare sport. *


Sorvoliamo sul fatto che queste cinque raccomandazioni lasciano il tempo che trovano 
(1. È infatti estremamente probabile che un gatto infetto abbia pisciato sull'insalata coltivata nella plastica di una serra spagnola. 
2. Solo un dottore può sapere come stai. Mi raccomando non ascoltarti mai! 
3. Così salvi la faccia se per caso fallisci - perché di fallimento si tratta. Sia chiaro che la tua famiglia e i tuoi amici non sono una grande risorsa e non ti staranno mai vicini nel caso il piccolino ti lasci.
4. Quindici chili di primogenito si possono portare, ma due chili di spesa no. Evidente.
5. Così se poi per caso qualcosa va storto non vieni a dare la colpa a me. )

Lasciamo perdere che queste cinque piccole frasi dall'aria innocente ti costringono subito nel ruolo della paziente che deve fare la brava altrimenti attirerà su di se e su suo figlio infinite disgrazie.

E stendiamo un velo pietoso sul fatto che in loro è già racchiusa la Grande Maledizione di Tutte le Mamme: se dovesse accadere qualcosa di negativo, sarà colpa tua. Se le cose andranno bene, sarà grazie a qualcun altro (Medico, Farmacista, Dietologo, Papà, Nonna, Prozia…anche Fortuna a volte. Te no).


Nonostante tutto, queste raccomandazioni, un merito, ce l'hanno: sono esplicite.
Una sa di cosa si tratta. Può pensarci, rifletterci, eventualmente rifiutarle.


Invece poi quando il bambino arriva e l'espressione della sua individualità inizia a venire in contrasto con la nostra (dopo un giorno, dopo sei settimane, dopo due anni… dipende), ecco che ci guardiamo intorno per capire quale sia la cosa giusta da fare e troviamo il nulla.
Cioè troviamo trentamila libri con diecimila metodi impossibili da mettere in pratica e che si contraddicono uno con l'altro.

Però noi ci ostiniamo a credere che ci sia una verità e che da qualche parte ci sia qualcuno che la conosce...e che ci giudica se per caso infrangiamo una delle sue leggi ferree.


Deve dormire in camera nostra o nella sua cameretta? È normale che pianga quando lo porto all'asilo? È giusto che stia con la nonna? Qual'è l'intervallo ideale fra il primo e il secondo figlio? Il web pullula di domande di questo tipo e di risposte più o meno perentorie da parte di esperti più o meno qualificati, più o meno in buona fede. 

E allora noi ci sentiamo come quando a scuola non ci eravamo preparate per l'interrogazione di storia: non abbiamo imparato la lezione e il giudizio sarà tremendo.


"Ho lasciato addormentare il bambino alla tetta." Diciamo abbassando gli occhi con aria contrita.
"Dopo cinque minuti sono andata a prenderlo perché non ce la facevo a sentirlo piangere così. Sono stata debole."
" Cedo sempre quando fa i capricci."
E giù di "mea culpa" dalla mattina alla sera e dalla sera alla mattina (visto che spesso siamo sveglie anche la notte...e quale miglior momento per sentirsi una m***da se non la notte?).


La buona notizia è che questo "Dio delle Mamme" che controlla e giudica NON ESISTE. La cosa giusta da fare NON C'È.
Ci sono tante coppie mamma-bambino. Ogni mamma è diversa. Ogni bambino è diverso. 
Ci sono tante soluzioni quante ci sono bambini (chi ha due figli o più confermerà). 
Se proprio vogliamo credere in un Dio delle Mamme, facciamo che sia quello che ci aiuta a trovare la soluzione giusta per noi.


La brutta (ma poi neanche così brutta) notizia è che quel lavoro di giudizio dobbiamo farlo noi, a monte. Sta a noi decidere se sia giusto o no per nostro figlio e per noi, adesso, che lui (per fare un esempio a caso) si addormenti alla tetta. Cosa ci ricava lui? (Il Nirvana? Nutrimento? Conforto? Controllo su di noi?) Cosa ci ricaviamo noi? (Un po' di pace? Una bella coccola? Una schiavitù?) Cosa costa a lui? Cosa costa a noi?
Volta per volta, si considera, si pondera, si decide. E poi si fa a testa alta. Senza mea culpa e senza scuse.

Il bambino ciuccia beato e si abbandona lentamente a Morfeo? Godiamoci la coccola e la pace.
Viviamo la poppata serale come una schiavitù? Mettiamo biberon e papà a buon uso e godiamoci un momento per noi.
Non sopportiamo di sentir piangere nostro figlio? Beato lui: ha una mamma che sa mettersi nei suoi panni. Imparerà presto anche lui a ricambiare.
Ci sentiamo manipolate dai pianti del nostro bambino? Annunciamo chiaramente qual'è il nostro limite e applichiamolo con costanza. Nostro figlio avrà un ottimo modello di espressione dei propri bisogni.


Sta a noi di decidere.
Siamo noi la massima autorità.
Gli altri (nonne, vicini, dottori, pedagogisti, psicologi, filosofi e neuroscienziati) sono meri consulenti che possono fornirci informazioni sulla base delle quali noi prenderemo le nostre decisioni.


Siamo al timone di una nave unica e irripetibile. Abbiamo la responsabilità e abbiamo il potere. Esercitiamoli con giudizio e godiamoci la rotta.


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* Questo articolo non consiglia a tutte le mamme di ignorare queste regole. Qui si mette la mamma dove deve stare: al timone della sua vita e a quella di suo figlio. Hai bisogno di insalata? Rifletti e se è il caso, mangiatela. Io (Silvia), durante la mia prima gravidanza, ho messo su 25 chili a forza di panini al prosciutto e formaggio del bar sotto lavoro. Non sono più convinta di aver avuto un comportamento  particolarmente saggio.

Thursday 24 September 2015

Quando il parto uccideva. 3 cose che è bene ricordare.

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Quando si parla di parto rispettato, de-medicalizzazione del parto o addirittura -sacrilegio!- parto in casa c'è un muro contro cui inesorabilmente andiamo tutte a sbattere. E' la voce sinceramente convinta, quando non risentita, con cui l'interlocutore ci ribatte: "Ma di parto si moriva!"
Di fronte all'apparente inconfutabilità di questa frase, il terrore che sempre nella nostra cultura subdolamente segue l'argomento "parto" guadagna terreno e si rimette al comando.

Di parto si moriva. E anche parecchio, è vero. Nell'800, per non sbagliare, alla donna in travaglio si dava l'estrema unzione!
E si moriva di influenza.
E di morbillo.
E anche di infezioni propagate da a un taglietto nel dito.
La brutta notizia è che lo scocciante fatto che tutti dobbiamo morire non l'abbiamo ancora risolto.
La buona notizia è che sperare di diventare nonne non è poi così assurdo.

Il punto è che noi ci siamo abituate a pensare al parto come un pericolo cui scampare. Sempre e comunque. Una prova sadica che la vita ci pone davanti e qualche professionista iperqualificato forse ci aiuterà a superare.
E questa mentalità è urgente, veramente urgente, prenderla a picconate.

Ci sono (almeno) 3 cose che è bene ricordare quando il nostro interlocutore -o la vocina saccente in fondo alla nostra testa- alza il ditino per dirci che "Di parto si moriva!"

Tuesday 15 September 2015

Chi parla bene pensa bene. E partorisce meglio. Anche un VBAC.


Dove inizia un buon parto?
Nella sala del ginecologo? Sbagliato.
In sala parto? Sbagliato.
Un buon parto inizia nella nostra testa.

Quando inizia un buon parto?
Alla morfologica quando ci dicono che va tutto bene? Sbagliato.
Quando entriamo in ospedale? Sbagliato.
Un buon parto inizia prima ancora di aver concepito nostro figlio.

Il parto inizia a prendere forma nella nostra testa prima ancora che il nostro corpo sia in grado di accoglierlo un figlio, figuriamoci partorirlo. Inizia nella nostra testa di bimbe: quando davanti a una bambola sappiamo che la pancia da cui ci si aspetta che debba uscire è la nostra, non quella di nostro fratello.

E' da quel momento che il nostro cervello inizia ad assorbire input riguardo al nostro diventare madri. E come fa per tutto il resto delle esperienze della vita, inizia a costruirsi un database -prevalentemente inconscio- di informazioni e immagini a cui attingeremo -prevalentemente inconsciamente- al momento buono.

Monday 27 July 2015

BONDING - Pt. 1

Una storia di oche selvatiche

Un'oca selvatica - Cortesia di Melissa Bonnet

Quando si parla di bonding, si pensa a quel legame istintivo che si crea fra madre e figlio nella cosiddetta "ora d'oro" dopo il parto. Si pensa all'allattamento, alla cosiddetta genitorialità ad alto contatto, all'attaccamento, allo sviluppo sociale e motorio del bambino, al suo sistema immunitario.

L'idea del "bonding" è stata incorporata nei protocolli di molti ospedali, che oggi incoraggiano le mamme a prendere in braccio il loro bambino immediatamente dopo la nascita. Niente bagnetti, niente riposini, niente nido. Si inizia con il pelle-a-pelle e di tutto il resto si parlerà più tardi.

Che sia una moda?

Com'è nata l'idea che il contatto fisico nella prima ora di vita sia così importante per mamma e bambino?
Che studi sono stati fatti in proposito?
Oggi iniziamo a parlare di bonding (sarà un argomento molto lungo) e iniziamo con le oche selvatiche.

Wednesday 22 July 2015

COME SI FA L'AMORE DOPO IL PARTO?

Non credete a quelli che vi dicono che non cambia niente. In realtà cambia tutto. 

Non credete a quelli che vi dicono che i bei tempi sono finiti. In realtà sono appena iniziati. 


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Con ogni parto nascono anche una mamma e un papà: dopo la nascita di ogni bambino, entrambi i genitori cambiano radicalmente. Figuriamoci quindi se non cambia la loro interazione (fisica e psicologica). "Torneremo mai come prima?" Ci si chiede, e si evocano con nostalgia notti (e giorni) di passione focosa. La risposta breve è un bel NO. La risposta un po' più lunga è: "No. Ma se ce la giochiamo bene, sarà ancora meglio."
Allora come fare a giocarsela bene? Quali sono i maggiori fattori di cambiamento? Come facciamo a fare in modo che questi apportino ancora più benessere a noi, al nostro partner e a tutta la famiglia? Oggi parliamo di cinque aspetti che possono fare la differenza


1. Ferite


Spesso, durante il parto, vagina e vulva subiscono delle lacerazioni. E troppo spesso viene praticata l'episiotomia per "aiutare" il bambino ad uscire. Al di là delle ragioni per cui questo avvenga (secondo l'Organizzazione Mondiale della Sanità, l'episiotomia è una pratica quasi sempre ingiustificata), è importante conoscere le proprie ferite, prendersene cura e lasciare loro il tempo di rimarginarsi.


2. Perineo


Anche senza lacerazioni, il perineo si trasforma durante il parto. Si stira, si schiude, si espande. Per aumentare l'elasticità di questa parte del nostro corpo tanto preziosa, è importante esercitarla. Sempre.

Sunday 19 July 2015

I BAMBINI RICORDANO LA NASCITA?

Il neonato è una persona

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Fino a qualche decennio fa, si credeva (o si fingeva di credere?) che i neonati non percepissero il dolore. In caso di necessità, li si operava quindi senza anestesia. Si ignoravano i loro pianti e le loro grida di dolore - che pure sono lo stimolo al mondo con la maggiore capacità di suscitare empatia - si procedeva a tagliarli e cucirli, e ci si sentiva pure dei benefattori per averlo fatto.

Oggi tutto questo ci sembra disumano. Eppure spesso (troppo spesso!) quando si parla di parto, all'esperienza del bambino viene data poca importanza. Che siano le cosiddette femministe che reclamano il loro diritto all'epidurale e al cesareo, o che siano le cosiddette hippy che perseguono un parto naturale a tutti i costi, il parto è visto da troppe donne come una sfida che riguarda soltanto loro stesse.

Ci sono tante teorie su se e come i bambini ricordino la loro nascita. Visto che per i primi due-tre anni di vita i bimbi non possono raccontarci con parole loro quello che sentono, ricordano e sperano, ci dobbiamo fidare delle loro espressioni e dei loro comportamenti. Ma i piccoli hanno molto meno controllo di noi anche su questi, quindi studiare sistematicamente l'ipotesi che i bambini ricordino la nascita diventa molto difficile. Bisogna basarsi su aneddoti, osservazioni, supposizioni. Ognuno può farsi la propria idea su queste teorie e, almeno per il momento, non c'è un modo esatto per esculdere con certezza né la loro veridicità né la loro fallacia. Quello che è certo è che, da adulti, non ci rimangono ricordi coscienti né del parto né dei primi tre anni di vita.

Però alcune cose le sappiamo. Sappiamo che il bambino, già in utero, è un piccolo essere umano, con la sua esperienza della vita e le sue memorie. Quindi come un essere umano va trattato.

Monday 13 July 2015

Induzione: tutta la verità, solo la verità, nient'altro che la verità

Se più del 40% delle donne ha bisogno di ossitocina sintetica per progredire normalmente forse dobbiamo rivedere il nostro concetto di normale. (Cit.)

Pochi temi sono confusi e offuscati da usanze e convinzioni mai messe in discussione dagli anni '50 come l'induzione del parto.
Si parla di induzione con una disinvoltura allarmante, quando non con rassegnazione.
Cosa bisogna veramente sapere dell'induzione del parto?

1) "Il parto non dovrebbe mai essere indotto per convenienza e l'induzione del travaglio dovrebbe essere riservata a specifiche condizioni mediche. Nessun'area geografica dovrebbe avere tassi di induzione superiori al 10%."
E no, non lo diciamo noi 2 visionarie de IPP.
Sono le raccomandazioni dell'Organizzazione Mondiale della Sanità in materia.

Ricordarselo, ogni volta che qualcuno discute l'induzione, è il primo passo verso una scelta consapevole.
Perché non tutte lo sanno, e certo alcuni professionisti non troppo rispettosi preferiscono farci credere che sia una scelta obbligata, ma:

2) L'induzione è una scelta. Della donna.

Thursday 9 July 2015

QUATTRO ANNI DI STELLE




Quattro anni fa, dopo una canzone magica sussurrata all'orecchio, che ha sciolto ogni paura e ogni ansia da prestazione, e dopo quattro ore di travaglio passate alla storia come "Silvia sul ring" (anche se, a onor del vero, si trattava di un wc), in un'alba di cristallo, nasceva Raphaël.


Oggi Silvia è impegnata a preparare torte di Frozen (sì, sì... anche noi) e a impacchettare aquiloni, ma ha deciso di condividere con voi la scanzonata filastrocca che ha scritto come regalo per il bambino che l'ha resa mamma.

Monday 6 July 2015

PIANO DEL PARTO

Nel parto, mamma e bambino attraversano un cambiamento importante, fondamentale, irrevocabile come la morte.

Una doula eccezionale - Liliana Lammers
Scrivere un piano del parto è contemporaneamente come fare l'esame scritto della patente e parlare di sesso al proprio partner. Non ci prepara esattamente a quello che succederà, ma ha due grandi vantaggi:

1. Ci mette nelle condizioni di essere pronte, qualsiasi cosa ci venga incontro;

2. Ci permette di massimizzare il piacere e minimizzare il dolore (o anche solo il fastidio, perché abbiamo visto che il fastidio è cosa seria e decisamente non grata* nelle ore attorno al parto).

Scrivere un piano del parto non vuol dire illudersi di poter controllare tutto quello che succederà, o indulgere in desideri di edonistica perfezione. Scrivere un piano di parto vuol dire informarsi, decidere e avere il coraggio di chiedere (o pretendere, se ce ne fosse bisogno) quello che ci serve.

Al di là di quello che ciascuna di noi fa nel resto della sua vita (la maestra, la regista, la collaboratrice domestica, la poliziotta), non partoriamo per "non dare fastidio al primario". Non partoriamo per "fare le brave". Non partoriamo "per essere presentabili". Non partoriamo "per farci fare i complimenti". Non partoriamo "per fare silenzio". Non partoriamo "per fare rumore". Non partoriamo "per avere un'esperienza bella e forte". Tutte le cose fra virgolette possono al massimo essere degli infimi effetti collaterali del fatto che partoriamo per dare la Vita.

Friday 3 July 2015

INTERVISTA A FRANCESCA ALBERTI, PRESIDENTE DI INNECESAREO.

Riprendiamoci il parto! Anche l'allattamento sarà più facile. (Francesca Alberti)



dalla pagina facebook di Innecesareo


Qualche settimana fa abbiamo avuto il piacere e l'onore di intervistare la presidente di Innecesareo Onlus, prima associazione di volontariato in Italia ad occuparsi di prevenzione cesarei non necessari, promozione VBAC (parto vaginale dopo cesareo) e sostegno emotivo post cesareo o parto medicalizzato.

Francesca Alberti, consulente professionale in allattamento IBCLC, doula e sei volte mamma, non solo è una persona gentile, aperta e generosa, ma anche estremamente rigorosa e preparata. Abbiamo scelto cinque delle mille domande che avremmo voluto farle e riportiamo qui quello che Francesca ci ha raccontato in merito alla spinosa questione del parto cesareo in Italia.


1. Sei  la presidente di Innecesareo. Perché vi dedicate alla missione di ridurre il numero di cesarei?

Crediamo che il cesareo sia un intervento importante, un vero salva-vita per mamma e bambino quando davvero necessario, ma teniamo a ricordare che è anche un intervento di chirurgia addominale maggiore che non può e non deve diventare la normale modalità di nascita. Innecesareo ha profonda fiducia che le donne abbiano in sè tutte le competenze e la possibilità di avere un parto vaginale sano e che questo sia la norma biologica. In realtà sento che si è un po' capovolto tutto e personalmente credo che ci siano stati "rubati" parto e allattamento. Penso inoltre che sia importante che le donne ritornino ad essere consapevoli, informate correttamente, ma soprattutto “padrone” del proprio corpo e dell'intero evento nascita.

Tuesday 30 June 2015

COSA VIENE DOPO IL FEMMINISMO?


Pensieri di una mamma senza figlie, che non sa a chi passare il testimone.



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I miei primi pensieri di genitorialità sono stati (ovviamente) a proposito di una bambina. "Mia figlia potrà fare danza classica e vestirsi da principessa" (eh sí! Questi erano i miei sogni da figlia di post-sessantottina). E poi "Mia figlia potrà uscire fino alle 4 del mattino", "Mia figlia potrà farsi tutti i piercings che vuole", "Mia figlia potrà studiare in Australia" e via dicendo. Insomma, questa bambina era una proiezione di me stessa. A lei lasciavo vivere tutto quello che io non potevo.

Quindi da una parte, per fortuna che al suo posto sono arrivati tre bei maschietti: c'è sempre il loro pisellino a mettermi in guardia da parallelismi troppo facili e da identificazioni nefaste. (Perché la cosa a cui tengo di più in tutta questa storia - la mia vita - è non fabbricare mostri con i miei rimpianti*).

Però dall'altra parte proprio mi scoccia di non poter contribuire direttamente a formare le donne di domani, perché abbiamo ancora talmente tanta strada da fare.

Fra chi crede che normalizzare l'allattamento voglia dire essere strafiche mentre il bambino ciuccia, chi si accontenta di lottare per la parità di stipendio, chi crede che costruire asili basti a supportare le famiglie (ne parleremo) c'è tanta buona volontà. Ma brancoliamo ancora nel buio.

Thursday 25 June 2015

INTERVISTA A REBECCA, OSTETRICA E CO-CREATRICE DEL GRUPPO S.O.S. PERINEO

L'ostetrica […] cammina al fianco della donna, costruendo la strada da percorrere insieme, bivio dopo bivio.

S.O.S Perineo


Abbiamo accolto con gioia qualche settimana fa la creazione di S.O.S. Perineo, un gruppo facebook creato da due giovani e appassionate ostetriche, e al quale ogni donna italiana (dai 15 ai 105 anni) dovrebbe essere iscritta. Perché il perineo, ce l'abbiamo tutte, anche se non se ne parla mai, e prendersene cura è vitale per la nostra salute, per la qualità della nostra vita in generale e dei nostri parti in particolare.
L'ostetrica e co-fondatrice Rebecca Robino risponde qui alle nostre domande sul ruolo dell'ostetrica e sull'importanza di un perineo sano.

Ci raccontate un po' la vostra storia?
Io e la mia collega Giulia ci siamo laureate nel 2013 e da allora lavoriamo insieme. Abbiamo scelto la strata della LP* perché per noi è l'unica ostetricia che che ti permette di esprimere quello che sei e quello in cui credi, agendo sempre in scienza e coscienza… Siamo amiche sorelle colleghe e senza una non esiste l'altra.

Come vedete la figura dell'ostetrica nel 2015 in Italia?
Il 2015 è stato un anno di grande fermento e anche un po' di confusione: le case di maternità spuntano come funghi, sono sempre di più le libere professioniste...ma ancora tante, tantissime donne non conoscono la figura ostetrica, o peggio ancora, la scoprono attraverso trasmissioni televisive che non ne danno un ritratto realistico. Però c'è aria di cambiamento, tra le colleghe, tra le donne. Non ci resta che seminare e aspettare di raccogliere i frutti negli anni a venire.

Come nasce l'idea di creare S.O.S. perineo?
L'idea è nata dal contatto con le donne, che non conoscono, dimenticano, trascurano questa parte, in una società che ci dice ci dobbiamo tenere i nostri disturbi, non dobbiamo neanche parlarne, dobbiamo tenerceli perché "ce li abbiamo tutte" e magari mettere un bel salvaslip profumato per mascherare anche gli odori. E invece no. Il perineo è centrale, rispecchia la nostra vita: ogni gravidanza, ogni parto, ogni esperienza sessuale, anche traumatica, ogni emozione ha lasciato un segno, nel bene e nel male. Vorrei davvero che in questo gruppo le donne si sentissero libere di dar voce ognuna al proprio vissuto, alle insicurezze, alle curiosità, ai dubbi. Infine, sempre più spesso sentiamo di professionisti diversi e anche molto variegati tra loro che si propongono, magari senza alcune specializzazione, senza alcune esperienza: con l'aiuto di tutte le colleghe specializzate iscritte, vorrei aiutare a fare un po' di chiarezza.

Come può un perineo in forma contribuire a un parto positivo?
Quando si pensa al travaglio e al parto, in genere si pensa immediatamente e quasi esclusivamente all'utero. È vero, lui fa il grosso del lavoro. Al perineo si pensa con timore, pensando solo al momento in cui passivamente dovrà stirarsi passivamente per far passare il bambino, con il rischio che si laceri o peggio ancora venga tagliato. Ed invece il perineo ricopre un ruolo attivo. Immaginiamolo come dei tessuti sovrapposti: il primo che il bambino incontra è una tela robusta, che fa da perno alla movimento di rotazione interna che il bambino compie per incanalarsi; il secondo è come un sipario, che scivola intorno alla testa del bambino e protegge le pareti vaginali e gli organi interni; il terzo ed ultimo strato si distende come un anello e per via riflessa crea quella spinta potente ed irrefrenabile, che arriva dentro e accompagna il bambino fuori dal ventre materno. È chiaro che la salute del perineo è fondamentale in questo meccanismo. E il suo benessere fa parte di un insieme di sistemi che contribuiscono all'equilibrio necessario per la mamma a mettere al mondo una vita.

Qual'è la cosa che ogni donna dovrebbe sapere?
Ogni donna dovrebbe sapere che può riappropriarsi di ogni aspetto della propria femminilità, dal ciclo mestruale, alla gravidanza, al parto, alla menopausa. Non si tratta (solo) di rivendicazioni da femministe, ma del liberarsi dei condizionamento culturali creati su di noi e per noi e tornare a conoscere noi stesse, il nostro corpo in tutte le sue manifestazioni ed espressioni, a dargli fiducia, a saperlo leggere, a riconoscerlo, a non delegare. L'ostetrica nasce proprio con questo obiettivo: non indica la strada da percorrere, ma cammina al fianco della donna, costruendo la strada da percorrere insieme, bivio dopo bivio. Ed infine, concludiamo sottolineando che è piena espressione di un diritto scegliere il professionista a cui affidarsi, cambiarlo in corso d'opera, provare approcci e scuole diverse. Alcune di esse fanno davvero la differenza.



* Libera Professionista (NdE).

Monday 22 June 2015

3 COSE CHE UN GENITORE NON PUÒ NON SAPERE


Tre miti smascherati



Abbiamo già visto che il parto è come il matrimonio perché non puoi solo sperare che "venga bene", ma una buona preparazione fa la differenza. C'è un altra cosa che i due eventi hanno in comune: siamo abituati a sentirne parlare alla fine di una storia. 
Eppure "Mamma e bambino stanno bene" è altrettanto fuorviante che "E vissero per sempre felici e contenti". Come il matrimonio, il parto non è nè l'inizio nè la fine. Il giorno del parto, il bambino ha già 38 settimane (circa!... Ne parleremo) e la mamma si è già presa cura di lui per tutto quel tempo. Il giorno del parto mamma e bambino si guardano negli occhi la prima di milioni di volte: inizia la danza di separazioni e ricongiungimenti che li accompagnerà per tutta la vita.


Quindi preparare il parto è importante sì, ma quando l'evento è finito, non si va tutti fuori a bersi uno spritz. Si continua a prendersi cura di quell'esserino, si continua ad imparare da lui, si continua a crescere con lui.
Non c'è un time-out per prepararsi ad essere genitore. Essere genitore inizia subito...anzi è già iniziato il giorno delle due righe rosa. Eppure i corsi preparto (anche se di qualità variabile) esistono da decenni, ma chi prepara le coppie a diventare genitori?
Se siamo fortunate, sono le nostre mamme e le nostre nonne, armate di tanta buona volontà, ma figlie di un tempo in cui industrializzare parto e infanzia sembrava (e in un certo senso, in effetti, era) la soluzione a tutti i dilemmi che una famiglia si trovava ad affrontare.


Spesso le nostre mamme e nonne ci regalano delle vere perle di saggezza, ma altrettanto spesso queste perle sono nascoste in mezzo a credenze e miti* che ormai la scienza ha smascherato da tempo.
Qui vi parliamo di tre frottole sui bambino che sono molto diffuse, e delle quali il genitore del 2015 può sorridere, sicuro che innumerevoli esperimenti robusti e controllati confermano che è il suo istinto ad avere ragione.

#1. I bambini non ricordano nulla.

FALSO.

I bambini non hanno ricordi espliciti dei loro primi tre-quattro anni di vita: questo è vero e si chiama "amnesia infantile". Però esiste un altro tipo di memoria: la memoria implicita. Non parliamo del subconscio di Freud nè di un concetto più o meno esoterico al quale ognuno può liberamente decidere se credere o meno. Parliamo del tipo di memoria che usiamo per andare in bicicletta: a forza di pratica, il nostro corpo impara cosa fare per pedalare e mantenere l'equilibrio, ma se qualcuno ci chiedesse di mettere in parole la nostra arte, ci troverebbe spiazzati.

Questo tipo di memoria funziona dalla nascita. Fa si che impariamo le sequenze di azioni e fatti che si susseguono sempre uguali. Questo formerà le nostre implicite abitudini. Le nostre aspettative che non sappiamo nemmeno di avere.

Tanto per fare un esempio ricorrente: se rassicuro mio figlio ogni volta che piange, mio figlio impara che quando si è tristi/impauriti/angosciati si può chiedere aiuto e che l'aiuto arriva.
È quasi inutile sottolineare quanto un'aspettativa del genere sia uno strumento potente per andare nella vita a testa alta e a cuore aperto: un antidoto eccezionale contro depressione, ansia, disturbi alimentari e chi più ne ha più ne metta.



#2. I bambini ci manipolano.

FALSO.

Fino a quattro anni i bambini manco sanno che noi abbiamo una realtà psicologica tale quale alla loro. Il loro cervello (in particolare la loro neocorteccia) non è ancora abbastanza maturo per concepire l'idea che ogni persona ha i suoi pensieri, le sue aspettative, i suoi desideri.


Quindi se si svegliano mille volte la notte, se ci assillano con i loro "perché", se ci testano con i loro esperimenti di libertà ("Cosa succede se mi nascondo dietro quel l'albero? E se corro in mezzo alla strada?"), non lo fanno per darci fastidio/farci paura/farci disperare. Lo fanno per capire come funziona il mondo e come funzioniamo noi. "Nothing personal", come dicono i nostri concittadini inglesi.


#3. Per crescere bambini indipendenti bisogna spingerli fuori dal nido.

FALSO.

Sono i bambini con un attaccamento sicuro ad esplorare di più. Questi bambini hanno almeno una persona che considerano come un "porto sicuro" da cui partire per le loro esplorazioni e a cui ritornare in caso di pericolo/stanchezza/dubbio.
Il porto sicuro è sempre disponibile, non spinge fuori nè trattiene. Semplicemente c'è.

Spingere all'esportazione un bambino che non ne ha voglia, non solo non lo rende indipendente, ma gli rovina il piacere dell'avventura e lo rende meno incline a tornare da voi dovesse incontrare dei problemi.
E i problemi di oggi possono essere un bambino sconosciuto o un giocattolo inquietante, ma i problemi di domani potrebbero chiamarsi bullismo, abuso, droga. Eppure la risposta che i bambini ricevono da noi oggi, diventa la loro aspettativa implicita sulla nostra reazione di domani (vedi #1).
Da chi volete che vada a cercare conforto vostro figlio se qualcuno lo ferisce/gli spezza il cuore/lo umilia? Se la vostra risposta è un accorato "Da me!", gettate le basi oggi: quando arrivate a casa dei nonni, non spingetelo a giocare con i cugini che non vede da sei mesi. Lasciatelo indugiare nel vostro porto. Due-tre-dieci minuti dopo (quando il serbatoio di fiducia sarà pieno), partirà con gioia da solo. E saprà che potrà sempre tornare da voi in caso di bisogno.
Se volete insegnare l'indipendenza respondabile a vostro figlio, fatevi porto.



Prepararsi alla genitorialità non rende l'essere mamma o papà una passeggiata, né garantisce il successo (anche perché come vogliamo definire il successo sulla pelle dei nostri bambini?). Ma diventare genitori nel 2015 senza sapere queste poche cose è come sperare di poter riciclare l'abito da sposa della Nonna Sarina (o de Nonno Beppino) per le nostre nozze e che ci stia talmente bene da non richiedere nessuna alterazione.



*Per smascherare questi ed altri miti è nato Babybrains: per portare fuori dai laboratori di psicologia sperimentale e neuroscienza quello che oggi si sa sullo sviluppo del bambino dal concepimento al terzo anno di vita. Lo scopo è di fare in mondo che tutti i genitori possano usufruire dei progressi della scienza per essere genitori più efficaci e più felici. I veri destinatari del progetto sono i bambini, che potranno svilupparsi al meglio con maggior serenità.





Thursday 18 June 2015

Consigli per neomamme da una che aspetta il quarto figlio. C'è da fidarsi.

Addormentarne 3 in viaggio. Il vero colpo da maestro.

Mara vive a Londra, è avvocato, aspetta il quarto figlio, ha un marito francese e una società di consulenza immobiliare appena fondata per sfuggire al lavoro di ufficio e conciliare lavoro e famiglia.
Alle spalle 3 parti molto dolci e dentro di sé una grinta ammirevole che la rende un'amica speciale.
Ve la imprestiamo qui, con qualche dritta e ispirazione che potrebbero piacervi.

1. Hai alle spalle 3 parti molto dolci e molto veloci, cosa pensi abbia reso possibili, per te, 3 esperienze così?

Con la prima gravidanza ho deciso di essere seguita sin dal principio da un’ostetrica privata che veniva regolarmente a casa mia e, senza fretta, rispondeva alle mille domande classiche di una neo mamma in attesa, ma soprattutto mi ascoltava e mi rassicurava costantemente. Tutto ciò, insieme ad una gran familiarità con yoga e con la respirazione applicata appresa durante gli anni precedenti, mi ha permesso di arrivare al parto molto serena/preparata e di affrontare il primo (e quelli a seguire) con una tranquillità quasi naturale. Al momento opportuno ho lasciato che fosse il mio istinto a guidarmi e, cercando di connettermi il più possibile con quello che stava succedendo dentro di me piuttosto che intorno a me, ho incontrato i miei bimbi senza urla né “tragedie”.

2. Qual'è la cosa più magica del primo figlio? E quella più difficile?

Monday 15 June 2015

MIA SUOCERA HA I SUPERPOTERI

L'importanza di prendersi quello che ci spetta (anche se è solo un pezzo di pane).


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C'è una cosa che ho sempre ammirato in mia suocera: non sa fare il muso. Ha i suoi momenti di rabbia, ma passano veloci come temporali estivi. Ha la capacità impressionante di ritrovare un sincero (veramente sincero!) sorriso dopo ogni scaramuccia. Sembra esente dal nervoso e dal fastidio che affliggono tante donne (perché dobbiamo ammetterlo, noi donne abbiamo un po' la tendenza a brontolare e ad avere quella puntina di acido di troppo. Non tutte, per carità! Io sì però, per esempio. E anche un'amica o due).

Questa sua abilità - un superpotere in verità - non solo la rende più simpatica agli altri, ma le permette pure di viversi meglio la sua vita e - vista l'età che ha e la sua forma smagliante - sono pronta a scommettere che ha un impatto positivo addirittura sulla sua salute.

Nell'arco di più dieci anni, a seconda dei periodi, ho guardato a questo superpotere con occhi increduli, scettici, invidiosi, esasperati (ci sarà pure qualcosina che fa perdere le staffe pure a lei!*). Ma sul lungo termine quello che rimane è una semplice e totale ammirazione. Ma come piffero fa questa donna a non legarsi mai nulla al dito?

L'altra mattina ho avuto una rivelazione, credo. Eureka! Ho capito: la moglie/madre/suocera zen si prende quello che (a suo parere) le spetta e non sta ad aspettare che sia qualcun'altro a darglielo. Non si giustifica e non reclama. Prende per sè come dona agli altri. Questo le dà una serenità di base che la rende immune alle piccole provocazioni del quotidiano.

Adesso vi racconto: sembra banale ma, se come me, a volte vi sentite "date per scontato" (c'è un post azzeccatissimo in inglese a riguardo) nella coppia/famiglia, potreste trovarci una perla.

Siamo in vacanza. Marito, bambini di 4, 2 è quasi 0,5 anni, suoceri ed io. Stiamo nella loro casa abbarbicata sulle colline fra ulivi e vigne.
Una mattina, mia suocera, il bebè ed io andiamo in paese "per fare la spesa".
Quello che compriamo al supermercato non riempie nemmeno una borsa di nylon di taglia normale (si scusate. Abbiamo dimenticato la borsa di tela a casa...anche le buone abitudini vanno in vacanza, temo).
Però facciamo benzina, andiamo a comprare il pane nel panificio speciale dove lo fanno buonissimo, e ci aggiungiamo una buona focaccia "per i bambini" (ah i sacrifici che non si fanno per questi bambini!). Poi andiamo in farmacia a fare il pieno di creme e prodotti vari e lei passa dall'estetista per una depilazione lampo.
Torniamo a casa ovviamente più tardi del previsto, ma con un significante bottino bipartito:
1. Noi siamo pienamente soddisfatte.
2. Marito e suocero, rimasti da soli per un'ora e mezza con i bambini, sono esausti.

Se questa storia vi ricorda la vostra vita quotidiana, smettete pure di leggere: questo post non fa per voi, tornate a godervi i vostri superpoteri. Se invece come tante donne, avete la tendenza a privarvi dei piccoli piaceri della vita (il pane buono, la crema giusta) per il benessere comune, avrete probabilmente intuito dove sto andando a parare. Dandoci un'oretta di pausa, questa scappatella mattutina ha permesso a mia suocera e a me di smaltire eventuali sacche di risentimento ("Chi ha sparecchiato ieri?" "Chi si è alzato per consolare il duenne?" "Sì però, chi è che allatta?" "Chi si è dimenticato il caricabatterie?"). Ma non solo. Ha anche dato ai nostri co-genitori e co-nonni un'esperienza tangibile del lavoro che di solito facciamo e viene dato per scontato.

Il tutto senza un attacco frontale, senza una rimostranza, senza uno sbotto, senza un lamento. Il tutto lasciandoci tranquille e pure con qualche pelo in meno.

Credo che ci sia tanto da imparare da mia suocera quanto da una maestra di yoga: con naturalezza e leggerezza, possiamo imparare a inserire nelle nostre giornate piccoli momenti per noi. E non intendo concederci due ore di sport a settimana (delle sue corse nella foresta ci parlerà presto, speriamo, Cecilia). Intendo che allungare la strada per prendere il pane che ci piace dovrebbe essere altrettanto naturale che scegliere la maglietta del colore preferito di nostro figlio. È così che si scioglie l'amaro inutile, è così che si rimane serene. (E quando si è mamme la serenità vale più dell'oro - ne parleremo). E mentre noi siamo in strada, gli altri si accorgono della differenza che facciamo.


Voilà. C'est facile!

#Silvia


* due giorni dopo l'ho scoperto: aver preso l'uscita sbagliata a una rotonda le ha strappato un sonoro "Merde!" e le ci è voluto un buon quarto d'ora per ripigliarsi. Meno male: è umana anche lei!

Thursday 11 June 2015

INTERVISTA A MARTA, CO-FONDATRICE DI PANNOLINIAMO

La squadra di Pannoliniamo

Lo abbiamo ribadito tante volte: un parto positivo ci prepara naturalmente ad una genitorialità positiva. Per ognuno di noi, questo significherà un'avventura diversa. 
Qui vi presentiamo quella di Elena e Marta, che - in seguito alla nascita dei loro piccoli - hanno fondato un "centro di assistenza" per tutto quello che riguarda pannolini lavabili e altri accessori ecosostenibili. Abbiamo posto a Marta alcune domande e lei ci ha risposto a cuore aperto. 
Grazie Pannoliniamo.

Come vi chiamate?
Ciao a tutte, siamo due sorelle Elena e Marta. Siamo nate a Milano, poi la vita ci ha portate una in Piemonte e una in Trentino. Siamo entrambe mamme, io Marta di due gemelli di 2 anni e mezzo e Elena di un bimbo di un anno: ci unisce l’amore per i nostri figli e la volontà di crescerli nel modo più sano ed ecologico possibile!
Dopo la mia laurea in lingue, la nascita dei gemelli e un lavoro perso all’improvviso ho sentito il bisogno di mettermi in gioco.
I lavabili li scopro un po’ per caso durante la gravidanza e subito nasce la voglia di provare, studiare, approfondire. Iniziano i primi acquisti, soprattutto in Italia e in Inghilterra, navigando per il web alla ricerca di pannolini per neonati piccolini, prematuri e gemelli.

Per caso conosco Lucia, mamma di 2 bimbe utilizzatrice di pannolini lavabili, responsabile della pannolinoteca di Montanaro (TO) e con i suoi consigli la mia convinzione di usare i lavabili si consolida.

Poi nascono Margherita e Michele, tornano a casa a 10 giorni di vita e 2kg, e indossano il loro primo pannolino lavabile, un Bumgenius AIO xs. E iniziano le prime difficoltà: pannolini che perdono, modelli che non riesco ad usare, papà scettico...piano piano sperimento, provo modelli e assetti diversi. Intanto anche il papà sperimenta e trova i pannolini adatti a lui.

Nel Maggio 2014 nasce Samuele, il bimbo di mia sorella Elena, e con i suoi 4kg e tutti pannolini troppo stretti nel giro coscia lancia una nuova sfida. Di nuovo si prova, si cambia, si compra in Italia e all’estero, ci si confronta con altre mamme.

E’ così che un po’ alla volta matura l’idea di Pannoliamo, che prende forma lentamente a partire da Settembre 2014, grazie all’appoggio del progetto MIP della Regione Piemonte.

Ad aprile 2015 inizia l’avventura con l’apertura del sito web e le prime consulenze. Perchè Pannoliamo non è solo un negozio online che vende pannolini lavabili, assorbenti lavabili e altri accessori ecosostenibili per bimbi e donne, ma è anche consulenza gratuita da mamma a mamma, possibilità di toccare con mano i prodotti prima dell’acquisto e la garanzia che prima di tutto quei prodotti li abbiamo testati sui nostri figli.



Perché pensate che l'utilizzo di pannolini lavabili faccia parte di una genitorialità positiva? In che modo influisce sul rapporto genitori-figlio?

Se genitorialità positiva significa instaurare una relazione positiva con i propri figli, comprendere cosa pensano e provano fin da neonati, da questo punto di vista l’utilizzo dei pannolini lavabili permette di dedicarsi con più attenzione al rapporto con i nostri figli. Infatti la mamma che sceglie di usare i pannolini lavabili già in gravidanza dedica molto tempo a cercare di “capirci qualcosa di più”: quali sono i modelli, le taglie, come si indossano, come si lavano etc, dedica e investe del tempo in qualcosa che farà del bene al bambino che è in grembo. Una volta nato dedicherà del tempo a cogliere i segnali che manda suo figlio, cercherà di capire se al bambino quel particolare tessuto dà fastidio, se è troppo ingombrante, se deve cambiarlo più o meno spesso. Il fattore tempo diventa fondamentale e il dover rallentare per capire le esigenze del bambino aiuta a instaurare con lui un rapporto positivo. Il fattore tempo si ripercuote nella vita della mamma e del bambino più e più volte: per cambiare un pannolino lavabile ci vuole più tempo, il pannolino non si piega e di butta nella spazzatura ma va curato, si controlla che sia messo bene, si deve stoccare in modo opportuno, si deve lavare, stendere e riassemblare. Tutto tempo dedicato alla cura dei nostri figli.

Inoltre la scelta del pannolino lavabile probabilmente fa parte di una sensibilità generale maggiore della famiglia verso ciò che è ecologico; al giorno d’oggi sprecare risorse è un atto irresponsabile, utilizzare 'usa e getta' consegna ai nostri figli un mondo ancora più soffocato da rifiuti a lentissima degradabilità.



I pannolini lavabili sono indiscutibilmente etici ed ecologici. Ma una mamma sa che di fronte al caos della vita quotidiana la praticità è fondamentale. Cosa rispondete a chi pensa che i lavabili siano scomodi? 

Bisognerebbe inanzitutto capire cosa ogni mamma intende per “scomodo”! In generale se il problema è il lavaggio rispondiamo che i pannolini lavabili, una volta acquistato un buon detersivo bio (che andrebbe comunque usato anche senza pannolini lavabili) DEVONO essere lavati insieme al resto del bucato, a 40 o 60°, e che non richiedono nessun pretrattamento. Anzi basta rimuovere eventuali residui solidi e stoccarli in un bidone chiuso con coperchio (a secco) per massimo due/ tre giorni. Sfido io trovare una mamma che faccia meno di due/tre macchinate a settimana! Vanno stesi e riposti poi come la normale biancheria.
Se il problema sono gli odori, ci sono rimedi naturali efficaci per rimuoverli, opportune sacche in cui chiuderli e, come detto prima, un bidone con coperchio dove tenerli in attesa di lavaggio.
Un’altra questione può essere l’igiene: io mi chiedo meglio la plastica e la dermatite da pannolino o il cotone a contatto con la pelle del vostro bimbo per due/tre anni? Immaginatevi di dover tenere un assorbente esterno sempre ogni giorno per 2\3 anni: non vi darebbe fastidio?
Per concludere molte possono essere le problematiche, basta riflettere bene quali sono le proprie esigenze prima di acquistare i pannolini lavabili, se si hanno delle domande o dubbi chiedere consigli e consulenze agli incontri informativi sul territorio, ai negozi (soprattutto quelli online) o ai forum sui social network e questi diventeranno pratici come gli usa e getta, e sicuramente più ecologici!

Essere mamme sostenibili significa...?
Capire che per vivere bene e far crescere bene i nostri figli non è necessario spendere soldi in tante attrezzature e prodotti che utilizzeremo poco o anche per niente. Per essere mamme sostenibili bisogna innanzi tutto essere mamme che hanno voglia di informarsi, che hanno voglia di trovare l’alternativa (esiste quasi sempre!) alla moda del momento e al prodotto costoso (e spesso inutile). Per poi scegliere consapevolmente la strada migliore per se e i propri figli. Non vuol dire essere alternative, hippy, maniache, fissate... penso infatti che ogni mamma vorrebbe lasciare al proprio figlio un mondo migliore, più sano, più verde. Perchè non iniziare quindi nel proprio piccolo dalla nascita?

Quanto costano 3 anni di pannolini usa e getta e quanto 3 anni di lavabili?
In media ogni famiglia usa 500 euro di pannolini usa e getta all’anno per bambino, che nei tre anni sono in media 1550/1800 euro più una tonnellata di rifiuti prodotti che si smaltiranno in minimo 200 anni.
In media ogni famiglia spende 200-500 euro per un kit di circa 20 pannolini lavabili che può essere utilizzato poi per il secondo/terzo figlio.


Potete dire una cosa a tutte le mamme, cosa dite?
Sfruttate i punti informativi sul territorio come Pannoliamo, le pannolinoteche (funzionano come le biblioteche ma per i pannolini!), le reti di mamme della zona: usare pannolini lavabili per i vostri figli, assorbenti lavabili e coppetta mestruale per voi migliora la vostra e la loro salute, quella del portafoglio e del nostro pianeta! Prima di pensare che non fanno per voi chiedete a chi li usa, se potete toccateli con mano, fate almeno una prova prima di dire no!


Monday 8 June 2015

COSA SUCCEDE SE SUCCEDE QUALCOSA?

I rischi del parto in casa.

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Quando dico che ho partorito in casa, la gente in generale pensa che sia stato un incidente. Poi realizza che è stata una scelta ed ecco apparire le facce da poker. Chissà cosa nascondono. Cose del tipo "Ma sei scema???" "Che egoista! Solo per avere un'esperienza forte metti a repentaglio la vita di tuo figlio." "Ah non ti facevo hippy!". "Cosa?? Senza epidurale?? Ma chi te lo fa fare??" …immagino. Ma non posso dirlo con certezza.
La sola frase che affiora ogni tanto in superficie è "Ma cosa succede se succede qualcosa?"
Allora mi ritrovo a rassicurare la gente a posteriori con i soliti argomenti main stream: l'ospedale è vicinissimo, le ostetriche sono preparatissime a cogliere ogni minimo segnale di rischio, l'ambulanza è lì pronta. Non ha senso spiegare alle prozie francesi* di mio marito perché sono convinta che un parto in casa metta me e ai miei figli nelle condizioni ottimali per iniziare una buona vita insieme.
Però non hanno tutti i torti queste prozie francesi.
Cosa succede se succede qualcosa?

Friday 5 June 2015

Una storia di parto bellissima

Z., nata il 18 Aprile
con un parto che la sua mamma definisce
"dolce e indimenticabile"

Ricevere storie come questa ci riempie il cuore.
La traduciamo per voi.  Se ogni donna incinta sentisse solo esperienze così, anziché le infinite storie dell'orrore che un certo folklore anni '50 ci ha abituati a considerare normali, le esperienze di parti positivi tornerebbero ad essere quello che in realtà sono: la norma, non l'eccezione.

Non è tutto perfetto, né tutto esattamente come la mamma aveva desiderato. Ma aveva gli strumenti per rimanere in controllo, della situazione e del suo corpo, e li ha usati in modo meraviglioso.

"Cara Cecilia,
abbiamo dato il benvenuto al mondo alla nostra piccola Z. il 18 Aprile alle 11.20am. Pesava 3kg48g ed è assolutamente perfetta.
Sono così così orgogliosa di dire di essere una Mamma-Hypnobirthing: il parto è stato esattamente come ne abbiamo parlato e senza dubbio l'esperienza della mia vita in cui mi sono sentita più capace e potente (in inglese empowering).

Thursday 28 May 2015

Le mamme hanno bisogno di essere state bambine felici

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Le mamme hanno bisogno di saper guardare nell'abisso e stare in piedi: guardare dentro quella pancia e sopportare di vedere al contempo uno specchio e un muro. Una superficie che riflette noi, e una divisione eterna da quel che eravamo, quel che saremo e -come se già non bastasse- dalla persona indipendente e a sé stante che sarà nostro figlio.
Trovarci un pezzo in più, dentro la nostra pancia, più nostro che mai. E anche qualcosa di irrimediabilmente estraneo.

Le mamme hanno bisogno di reggere una soglia metafisica senza nemmeno sapere cosa sia la metafisica.
Hanno bisogno di reggere la sfida, e non hanno né il tempo né le parole per dirla tutta la paura che lo sfidante ci fa. Perché lo sfidante è uno bello grosso, e corazzato, uno coi controcazzi... talmente sicuro di sé da sfoggiare a testa alta un nome abusato e pretenzioso: Amore, Vita.
Le mamme hanno bisogno di mantenere l'equilibrio sulla soglia del nulla da cui arrivano i loro figli.
Anche se si concedono il lusso di non avere il tempo per dirlo o per saperlo.

Tuesday 26 May 2015

Quattro modi per facilitare l'allattamento

Mens sana in corpore sano.

Madonna del latte,  Scuola Lombarda

C'è chi ancora vede il latte materno e il latte in polvere sullo stesso piano. Ora, a rischio di fare arrabbiare qualche lettore, diciamolo: questa è una grandissima castronata.
Innumerevoli autorevoli studi hanno dimostrato la superiorità del latte materno sul latte in polvere.
E scusate, chi si sorprende? Una è la cosa vera, l'altra è il surrogato.
Vi tagliereste apposta le gambe per andare in giro con delle protesi? Non credo.
Questo vuol dire che non rispettate quelli (pochi) che hanno bisogno delle protesi?
O che non siete grate per conto del genere umano agli ingegneri che hanno inventato quei fantastici marchingegni?

Il latte in polvere è una meravigliosa, utilissima protesi. È bellissimo sapere che nel caso (solitamente improbabile) in cui ce ne sia bisogno, il surrogato del latte materno sia disponibile per tutti i bambini, e ad un prezzo ragionevole. Ma per quasi tutte noi in realtà non ci sarà bisogno. Quasi tutte potranno offrire al loro bambino quello che il bambino è nato per ricevere: il latte di sua madre.

Le cose da fare per facilitare l'allattamento sono quattro e sono piacevoli:

Friday 22 May 2015

MAMME SEXY, MAMME BELLE.


Cambiare non deve per forza significare perdersi. Può significare scoprirsi.




Sulla copertina di ELLE Australia c'è una foto che sta facendo scalpore: Nicole Trunfio allatta il suo bambino.
Bello. Ottimo che l'allattamento sia mostrato e "normalizzato" da un giornale di grande tirata come ELLE.

Ma guardiamo meglio.
Com'è Nicole?

Porta con nonchalance una giacca di pelle scamosciata che le lascia una spalla scoperta. Al suo collo una collana con fibbia dai dettagli appuntiti. Messa in piega casual chic, trucco perfetto. Sguardo sexy. Alla faccia della normalizzazione.

No vi prego, non immaginateci come delle bacchettone. Anche a noi piace metterci in tiro e andare a sorseggiare cocktails nei locali di Londra.
Ma quando lo facciamo, i nostri cuccioli li lasciamo tranquillamente a casa (tiralatte, baby-sitter - quando le nonne sono oltremanica - e compagnia).

Perché quando io allatto... gocciolo. Quindi, la giacca scamosciata, anche no.

3 cose che bisogna subito smettere di fare.


Complicarci la vita fa parte della lunga lista di innate abilità che ci differenziano dagli animali.
Abbiamo già visto qui che il nostro cervello ha il vizietto di metterci i bastoni fra le ruote al momento del parto. Oggi guardiamo alla gravidanza, che anche quella possiamo godercela un pochino di più, con grandi benefici sia per noi che per il nostro parto, e quindi naturalmente per il nostro bambino.

1) Guardare il calendario.
Nessun medico al mondo può dirci in che giorno spunterà il primo dente a nostro figlio o quando inizierà a camminare. Chi pensa di poter dire quando una donna entrerà in travaglio farebbe meglio ad occuparsi dei numeri del lotto. (cit)
Guardiamo alla nostra pancia per quello che è: un meraviglioso contenitore di vita che sta facendo un lavoro pazzesco. Può metterci normalmente tra le 37 e le 42 settimane: 40 è pura convenzione.
A chi ci chiede quando abbiamo il "termine", come se fossimo una scatoletta di formaggio in scadenza rispondiamo semplicemente: "Quest'estate, tra luglio e agosto", o "Verso Natale". Rispondiamolo soprattutto a noi stesse: usciamo dalla mentalità dell'appuntamento e della deadline incombente e risparmiamoci lo stress di pensare che nostro figlio possa davvero essere in anticipo o in ritardo.
Concedersi di accettare di pensare a un periodo anziché a una data non solo ci toglie rigidità mentale, che è sempre un fardello inutile da portare, ma può contribuire a guardare con più oggettività all'induzione. E lo approfondiremo presto.
La data presunta del parto, è, appunto presunta.

Wednesday 20 May 2015

Un papà italiano a Londra si racconta


La mano di Uberto regge la sua bellissima bambina

Uberto, italiano trapiantato a Londra da tanti anni, e sua moglie Ayumi, hanno avuto da poco la loro prima bambina. Un parto dolce e naturale, in acqua, utilizzando tecniche di Hypnobirthing. 
Qui Uberto ci racconta un po' la sua esperienza, con qualche confronto Italia-Inghilterra e una felicità palpabile decisamente contagiosa.
Dal suo confronto fra la prassi italiana e quella inglese emerge un punto molto importante: al di là delle strutture, quello che conta sono le persone.

- Come è stata, per te e tua moglie, la gravidanza a Londra? Credi che se fossi stato in Italia avresti fatto le cose diversamente?
Per noi è stata una fantastica esperienza, che oltre ad averci donato una bambina bellissima ci ha anche rafforzato come coppia. 
Siamo stati fortunati a trovare un ottimo Birth Centre* (Barkantine) che abbraccia la filosofia del parto naturale.
Da quello che ho sentito posti del genere sono molto rari in Italia.

Monday 18 May 2015

UN PARTO POSITIVO NON E' UN PARTO PERFETTO

Anche noi di IPP sappiamo che nulla nella vita è solo positivo. Rispettiamo e onoriamo anche le ferite.



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Scrivere di gravidanza e parto è come essere un elefante in una sala di cristalli. Per quanto si cerchi di esprimersi con moderazione e rispetto, si finisce sempre per gettare inavvertitamente sale su ferite aperte.

Il fatto è che a noi mamme (presenti e future) le ferite (subite e temute) non mancano. Per dare al mondo i nostri figli, ci dobbiamo aprire andando contro ogni istinto di auto-difesa (perché l'istinto di preservare la specie lo batte), diamo spazio, ci dilatiamo, ci laceriamo, ci lasciamo tagliare dal bisturi. Comunque vada, il nostro corpo porterà per sempre ferite e cicatrici, più o meno visibili, più o meno dolorose.

E così anche la nostra mente.

E così anche il nostro cuore (chiamatelo pure "sede delle emozioni" se la parola "cuore" vi dà la nausea appena la leggete).

Elaborare quello che ha ferito la nostra mente e il nostro cuore è importante tanto quanto esercitare il pavimento pelvico dopo il parto...e altrettanto faticoso (o forse di più).

Dopo il mio primo parto ero felice. Il mio bambino era sano. Io ero sana. Il mio travaglio era stato lungo ed intenso. Stressante a momenti. Come una ferrata un attimo troppo alta per il mio livello alpinistico. Meraviglioso.
Tutto si era svolto nel rispetto più totale della mia fisiologia, mio marito e la mia ostetrica erano stati meravigliosi. Raphaël ha subito imparato a poppare e (dopo il normale dolore ai capezzoli -mitigato alla grande dalla meraviglia- della prima settimana) l'allattamento proseguiva a gonfie vele. Ero veramente sinceramente pienamente felice.

Eppure.