Wednesday 1 April 2015

Scarpette di cristallo per la sala parto. Di come la nuova Cenerentola ha molto da dire, anche a una mamma in attesa.

Disney

Se ce l'ha fatta Cenerentola possiamo farcela anche noi.
No, non a sposare il principe, dai...Miriamo un po' più su.
A uscire dal folklore anni '50 in cui era stata relegata!

Cenerentola ha preso la decisione più saggia per una sessantenne. Ritirarsi in buon ordine e lasciare spazio a quattro post-femministe spennacchiate di cartoni senza principi? Giammai. Invecchiare con grazia, piuttosto.
Riappropriarsi di se stessa e della sua zucca, più romantica e luccicante che mai. Rivendicare, uno per uno, tutti i buoni sentimenti di cui è piena: dando loro senso.


Il modello anni 50 non regge più. E quei geniacci del marketing Disney Cenerentola lo sa.
Stare in cucina a canticchiare tra i topi mentre 3 megere spadroneggiano in casa nostra non è ragionevole. A meno che non sia una scelta a testa alta: per se stessa, la propria casa, e la memoria di genitori amatissimi.
Il nuovo film non porta traccia del sogno, più vuoto che romantico, di sposare un principe. Di quella prospettiva opaca che poneva nel matrimonio (ovviamente con un buon partito) l'unica cosa sperabile e sensata. Qui è amore, e amore vero. E per la prima volta in secoli di favole, il principe annuncia che sposerà la ragazza misteriosa... "se lei lo vorrà". Era anche ora che smettesse di darlo per scontato.
Soprattutto, nessuna traccia della docilità remissiva di un modello femminile che -vivadio!- non ci appartiene più e soprattutto non vogliamo trasmettere alle nostre figlie. Quella donnina fragile, che assumeva senso e identità solo sul cavallo di un principe, era figlia -lo sappiamo- di una società che alla donna riconosceva scarse competenze e ancor meno diritti. E giustamente la rispecchiava.

Quella stessa società però ha prodotto anche altre cose. Capigliature discutibili che abbiamo fatto passare di moda, per esempio. E la mentalità alla base dei reparti maternità. Quella che ancora molte di noi portano sottopelle come l'unica possibile.
Mentre viveva felice e contenta negli anni '50 che il castello celava, una volta incinta Cenerentola si sarebbe affidata con gratitudine alle mani virili di chi sapeva più di lei.
Inadeguata con un corpo inadeguato, come ogni donna pre-femminista*, avrebbe partorito a gambe alzate in posizione ginecologica. Le sarebbe parso tanto ineducato far notare come la cosa fosse contraria alla forza di gravità.
Povera inetta senza competenze mediche, avrebbe considerato perfettamente logico e normale essere trattata da malata. Per quanto sana con in grembo un figlio sano.
Avrebbe considerato l'ingresso in ospedale per quello che realmente era: la liberazione da terribili rischi che molte donne avevano corso prima di lei. Non aveva gli strumenti, invece, per riconoscere le falle maschiliste rimaste appiccicate alle strepitose conquiste mediche. Reclamare non solo sicurezza ma anche considerazione emotiva, rispetto E libertà (di movimento, se non anche di scelta) non faceva parte del personaggio.
Il camice non è un cavallo, ma quel bianco resta tanto rassicurante.

La nuova Cenerentola ha un gran motto. E non è (solo) "Sii gentile e abbi coraggio".
L'amore del principe non lo conquista sbattendo le ciglia, ma quando dichiara: "Le cose si sono sempre fatte così. Non vuol dire si debba sempre farle così."
Se ce l'ha fatta Cenerentola possiamo farcela anche noi.
E tirare fuori dal folklore anni 50 anche le nostre pance. E i nostri bambini appena nati.



* E pure post-femminista -a dire il vero- dato che a quel punto, sotto la puzza dei reggiseni bruciati la gravidanza si è ostinata a rendere impossibile l'uguaglianza completa. Ma questo è un altro post.



2 comments:

  1. Non entro nel merito sulle pance, ma una Cenerentola diversa l'aveva già proposta Gioachino Rossini nell'opera omonima. Lei vuole andare al ballo per divertirsi, non per sposarsi, non le piace affatto fare la serva, non pensa al principe e si innamora, ricambiata, di quello che crede il suo scudiero, mentre rifiuta quello che le si presenta come principe. Quindi Disney è arrivato con circa due SOLI secoli di ritardo - ma Oltreatlantico ci mettono un po' a liberarsi dalle convenzioni, e solo quando ne hanno instaurate altre, si sa.

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    1. Ciao! Grazie di aver lasciato traccia del tuo passaggio (tra l'altro siamo passate sul tuo blog e da grandi amanti della Yourcenar quali siamo la tua headline ci ha conquistate prima ancora della tua bella scrittura!). Vero, Gioachino Rossini l'aveva già affrancata, dici bene e anzi grazie di ricordarlo!, ma lui non aveva una favola per bambini...lui si rivolgeva alla borghesia che frequentava le opere e al suo bisogno di svago. La sua era forse influenza "popolare" ma non rivolta al mondo infantile. Le favole fanno di più, o se non altro qualcosa di molto diverso, e con loro anche i tanto vituperati americanissimi Disney studios: raccolgono un immaginario comune dietro l'infanzia e gli danno forma e voce (le favole per nascere, la Disney per fatturare, ma il processo è lo stesso). La Cenerentola che questo film ripropone non è solo la favola classica (che a sua volta veniva dall'Asia e dai piedini martoriati delle piccole Geishe e delle bimbe cinesi ancora più indietro, prima che da Perrault, e che non è più un tema "nostro"): è la favola classica come già Disney l'aveva riletta a suo tempo, quindi in chiave anni 50. La nostra operazione sulle sale parto è -piuttosto ovviamente- un pretesto e una consapevole forzatura, ma ci stava a cuore far notare la contraddizione di un mondo dove il femminismo ha cambiato in meglio quasi tutto, dove gli anni 50 si considerano talmente superati da far sentire il bisogno alla Disney di riscrivere una propria storia per continuare a farla fruttare, e però quando le donne vanno a partorire accettano ancora stilemi che vengono proprio dagli anni 50. E' un tema che ci sta a cuore, su cui torneremo, anche senza Cenerentola... speriamo di ritrovarti.

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